sabato 6 giugno 2009

SAN VALENTINO DI SANGUE 3D


DUE CHIACCHIERE PRELIMINARI: Nella mia vita avevo visto solo un film in 3D, anzi in realtà solo parzialmente in 3D: “Nightmare 6 – La fine”, onestamente piuttosto bruttino. A partire da questa primavera la tecnica del 3D è tornata all’improvviso in auge: “Viaggio al centro della terra”, “Mostri contro alieni”, tra poco “Coraline” e probabilmente anche altri che in questo momento non mi sovvengono. Chissà perché? Semplice moda o magari il fatto che la tecnica 3D si è recentemente arricchita di qualche decisivo avanzamento tecnologico. Questo non l’ho scoperto (non mi nemmeno sbattuto per scoprirlo in realtà…) se qualcuno che legge lo sa è gradito un commento esplicativo al riguardo. Comunque sono andato a vedere questo film perché ero curioso di vedere a che punto fossero con la tecnica 3D, non tanto perché mi ispirasse il film. A proposito di questo in fase di commento, subito dopo la trama farò due commenti separati, uno al 3D e uno al film.

LA TRAMA IN BREVE: Cinque minatori rimangono chiusi in una miniera, uno di essi impazzisce e uccide gli altri. Lo tirano fuori in coma. Dopo un po’ si risveglia uccide alcune persone all’ospedale e poi si dirige di nuovo alla miniera dove un gruppo di ragazzi ha organizzato una festa (qualcuno per caso ha detto “cattivo gusto”?) e ricomincia gli ammazzamenti finchè non viene trucidato dallo sceriffo. Dieci anni dopo uno dei ragazzi scampati al massacro, figlio del proprietario nella miniera e in qualche modo coinvolto con l’incidente da cui tutto ha preso le mosse, ritorna in paese e gli omicidi ricominciano.

3D: in effetti rispetto ai tempi di “Nightmare 6”, il 3D ha fatto dei considerevoli passi avanti. Innanzitutto i colori che sono quasi naturali e il fatto che la sensazione 3D attraversa tutto il film e non alcune singole scene studiate ad hoc. Come mi aveva preannunciato un amico che era già stato a vederlo la tecnica da il meglio di sé nelle scene “normali”, mentre diventa notevolmente più confusa nelle scene d’azione (o al meno questa era la mia percezione). Sono molto efficaci alcune scene di esterni il piena luce, e in generale tutte le scene in cui ci sono alcune linee di fuga ben precise (tipo la corsia di un supermarket, o alcuni interni della miniera) oltre a quelle in cui ad esempio un arma viene puntata direttamente contro la telecamera. I sanguinacci invece risultano spesso un po’ più plasticosi.

SAN VALENTINO DI SANGUE: ecco, peccato che questa bella tecnica nella fattispecie sia sprecata per un film al limite dell’indecoroso. Il film in sé è veramente uno slasher di quart’ordine. La trama, se così proprio vogliamo chiamarla, è trita che più trita non si può. Il campionario di ammazzamenti gratuiti è deprimente. Dei personaggi non ne parliamo nemmeno, e l’unico sentimento che il film suscita, e questo sì in maniera perfettamente tridimensionale, è una noia epocale. Ma specialmente cosa che da sola basterebbe ad affossare tutto il film (SPOILER ALERT!) il colpo di scena finale è viziato da una scorrettezza narrativa che grida vendetta al cielo. Una cosa a questo livello (anche se l’esempio non rispecchia il film): ti fanno vedere un personaggio esplodere in mille pezzi in diretta, con tanto di testa che boccheggia staccata dal collo e poi… toh! Non era morto. Ma non nel senso che era morto un suo gemello, o un robot con le sue fattezze, o lui non era morto perché era un demone che già farebbe cagare. No, semplicemente: o scusate non vi avevo detto che lui non era proprio esploso in mille pezzi, ma solo e soltanto in quella scena del film non stavamo parlando di ciò che stava succedendo ma di ciò che qualcuno immaginava stesse succedendo.
Certe cose non si fanno, è sleale. Altrimenti se questo è lecito, tutto è lecito e io domani faccio un film dove il serial killer di turno che sta per uccidere il personaggio principale, legato ad una sedia in una stanza chiusa a quadrupla mandata nel deserto senza nessuno per mille miglia intorno… e all’improvviso viene salvato dal provvidenziale intervento del Coniglio Pasquale.
Tanto che mi frega: decido io.
Però prometto che ve lo faccio in 3D.