venerdì 25 dicembre 2009

Genova - Acquario e Museo del Mare (parte seconda – LA GITA)

So che non stavate più pelle per leggere la seconda parte delle avventure riguardanti il mio viaggio a Genova. Finalmente trovo il tempo di accontentarvi. Ho pensato di strutturare il post in questo modo, prima, in corsivo la cronaca di quello che ci è accaduto e dopo alcune considerazioni.

Il viaggio: Sveglia alle 6:00, partenza alle 7:00. La giornata è piuttosto brutta, ma ormai abbiamo prenotato l’entrata dell’Acquario per cui nulla ci fermerà.

Dopo aver discusso per un poco nei giorni precedenti abbiamo optato per viaggiare in automobile. La linea del treno da Modena a Genova è servita piuttosto male e questo ci avrebbe portato via metà della giornata. Non c’è comunque una via realmente comodo per raggiungere Genova dal cuore dell’Emilia Romagna nemmeno in automobile. Prendendo la A1 in direzione Milano le alternative sono essenzialmente due: o prendere per La Spezia all’altezza di Parma, o proseguire verso Piacenza tagliando prima in direzione Torino e poi prendendo la Milano-Genova. Noi abbiamo scelto questa seconda modalità (suggerita dal sito www.viamichelin.com), ma sospetto che la differenza non sia sostanziale. In ogni caso sono quasi tre ore di viaggio. Noi ce ne abbiamo messe circa tre e mezza, sia perché abbiamo fatto una sosta, sia perché nei presi di Genova c’era una certa coda. L’autostrada ci è costata circa 15€.

L’arrivo: Usciamo dall’autostrada poco prima delle 10:30 del mattino. L’uscita conduce abbastanza intuitivamente verso il porto vecchio. Abbiamo deciso di lasciare l’automobile immediatamente nei pressi dell’Acquario (la nostra visita è programmata per le 17, ma lasciare la macchina al porto è consigliato anche per visitare il centro) anche se in realtà ci infiliamo in un parcheggio qualche centinaio di metri prima. Piove a dirotto, scendiamo dall’auto e percorriamo timidamente i primi metri sul suolo genovese. Il camminamento che porta dal parcheggio verso il lungomare è un’unica pozzanghera fonda tre/quattro centimetri. Sono passati solo 10 minuti e ho già i piedi completamente bagnati. Quantomeno non è troppo freddo, ma la giornata si preannuncia comunque dura. Pochi metri dopo incrociamo l’entrata di Galata (il Museo del Mare) io dico a Simona: “Il Museo del mare ci può interessare?”, lei da un’occhiata all’acqua che scende dal cielo e a quella già depositata a terra e risponde: “direi di sì.” Entriamo.

Lasciare la macchina al porto antico credo sia assolutamente la soluzione più saggia e funzionale. In teoria credo che ci si potrebbe anche organizzare per lasciarla in un punto più lontano perché abbiamo scoperto che Genova ha una linea metropolitana, ma sicuramente avere l’auto lì comoda a fine gita ha i suoi vantaggi. Nella fattispecie noi abbiamo parcheggiato al parcheggio Darsena, che è proprio dietro al Museo del Mare. Certo è un po’ costoso: 2€/h, il chè per noi ha significato a fine giornata 18€ di parcheggio. Inoltre quello specifico parcheggio ha un altro incerto: chiude alle 19:45. Noi che avevamo l’ultimo turno dell’Acquario (che chiude d’inverno alle 19:30) eravamo un po’ preoccupati per questo, anche se di fatto il parcheggio dista non più di 10 minuti a piedi dall’Acquario. Altra considerazione, il Museo del Mare non era nei nostri programmi, per cui abbiamo pagato 10€ a testa, se uno parte da casa con l’idea di farli entrambi può acquistare il pacchetto NavigAcquario pagando 23€ anziché 27€ (17+10). Un consiglio generale è comunque quello guardare con attenzione tutti i pacchetti nel sito dell’Acquario, con una scelta oculata si può risparmiare qualche Euro.

Il Museo del Mare: Personalmente non ero mai stato all’interno di un museo della marineria, per cui non ho alcun termine di paragone. In ogni caso a me Galata è parso immenso. Si sviluppa su 4 piani e 23 grandi sale. Il piano terra è dedicato all’epoca delle navi a remi, il primo e il secondo all’epoca dei velieri, mentre il terzo è dedicato specificamente agli anni dell’emigrazione italiana in America, con relativi piroscafi. Il museo è veramente impressionante. Fotografie, dipinti, modellini, installazioni multimediali, ricostruzioni a grandezza naturale, strumenti di navigazione, cartelli esplicativi. All’entrata del piano dedicato all’emigrazione ti danno una “Carta d’Identità” da inserire in vari punti della visita, e alla fine scoprirai la storia del personaggio da te interpretato. Io avevo “Nicola Sacco” il famoso anarchico giustiziato insieme a Vanzetti per un delitto non commesso, mentre Simona aveva una suora… Quando finiamo la visita sono passate le due per cui decidiamo di mangiare nel ristorante all’interno del Museo prima di rimetterci in cammino.

Come detto prima questa per noi è stata una visita accidentale, in qualche modo. Scoraggiati dalla pioggia all’esterno abbiamo dedicato al Museo tutta il tempo e l’attenzione necessaria e questo livello di approfondimento ce lo ha reso particolarmente gradito sebbene né io né Simona fossimo assolutamente degli appassionati. Credo che questa sia anche una grande lezione su come sia meglio, quando si viaggia, scegliere di fare una cosa in meno ma farla con cura piuttosto che farne una in più “tirando via”. Detto questo, sul sito dell’Acquario a Galata è assegnata una visita di due ore e credo sia bene sapere che noi ci siamo stati quasi quattro. Tre quarti d’ora li abbiamo passati a mangiare d’accordo, ma credo che per fare una visita come si deve sia giusto calcolarne almeno due e mezzo. Per quanto riguarda il ristorante… beh io ho notato che in questo genere di punti di ristoro collaterali ad altro normalmente si mangia malino e si spende tantino. Anche questo luogo non sfugge alla regola. Simona ha preso una focaccia al gorgonzola e un caffè, io un primo e un insalata liscia, da bere un litro d’acqua. In totale quasi 30€. Niente di scandaloso s’intende, né il cibo pessimo, però mi sento di consigliarvi di rivolgervi altrove se ne avete l’opportunità.

Una passeggiata per Genova: usciamo da Galata che sono passate le tre, abbiamo giusto un paio d’orette prima di entrare all’Acquario, l’acqua continua a scendere copiosa. Non c’è molto tempo da scialacquare e sappiamo bene che riusciremo a vedere poco di quello che ci eravamo proprosti. Decidiamo per prima cosa di appropinquarci all’Acuqario per cercare di capire che cosa dovremo fare per scambiare il nostro “tagliando”di acquisto on-line con un biglietto vero. La fila per entrare è veramente chilometrica e io ringrazio il cielo che abbiamo avuto la buona idea di acquistare il biglietto prima perché altrimenti non so nemmeno se ci avrebbero fatto entrare. Ci facciamo un’idea di come ritirare il nostro biglietto. In realtà si rivelerà sbagliata e scopriremo più tardi quella giusta solo per caso camminando verso la Biosfera. Da piazzale caricamento ci inoltriamo per i carruggi e pochi metri dopo incrociamo una delle cose che ci eravamo segnati la chiesa di San Pietro in Banchi. La chiesa in sé non è nulla di straordinario, ma ha una caratterista che la rende (a mia conoscenza) unica: è costruita sopra ad alcuni negozi storici che, come, apprendiamo alla guida furono i primi ad essere costruiti di questa struttura e il loro affitto costituì il capitale con cui fu finanziata la costruzione della chiesa. Qualcuno di questi negozi è aperto tutt’oggi. Poco più in là inoltrandoci nei carruggi veri e propri arriviamo alla Cattedrale. Siccome il tempo non è molto ancora un breve giro e torniamo di nuovo verso l’Acquario.

Ero già stato all’acquario una dozzina di anni fa. Contestualmente avevo fatto anche una passeggiata per il centro. Rispetto al ricordo che ne avevo ho trovato una città più pulita e più turistica, forse anche perché abbellita dalle luminarie natalizie e vivificata dal ponte dell’Immacolata. Comunque sebbene non abbiamo avuto occasione di vedere cose spettacolari (e forse a Genova di cose straordinarie non ce ne sono proprio…) ne ho ricavato un’impressione piacevole. Pioggia a parte naturalmente.

L’Acquario: beh c’è poco da dire, se vengono da tutta Italia a vederlo un motivo c’è. Credo che si è “appassionati” di animali sia il non plus ultra o quasi. Delfini, pinguini, lamantini, razze, squali, pesci tropicali di ogni ordine e grado, meduse, polipi, coralli, crostacei, rettili: ce n’è davvero per tutti i gusti. Si possono persino accarezzare le razze sulla testa. Certo la ressa è notevole, specialmente all’inizio, poi si sgrana un po’ (o almeno è andata così nel nostro caso).

Non mi dilungo oltre anche perché se venite a Genova quasi certamente sapete già tutto quel che c’è da sapere sull’Acquario, l’unica cosa che mi sento di aggiungere è: se vi domandate se ne valga la pensa di venire fin quei per l’Acquario la mia risposta è sì. Ad un certo punto si incrocia una sezione chiamata “la foresta dei colibrì”, dove puoi fare un biglietto a parte e per 2€ entri in uno stanzone che replica una foresta tropicale e se se fortunato riesci a vedere il famoso uccellino che si esibisce nel suo tipico volo “sul posto”. Ci vuole un po’ di pazienza (i colibrì sono molto piccoli e non molti densi numericamente) ma noi ci siamo riusciti. Il mio consiglio è: seguite il cinguettio. Ultima notazione, nell’Acquario si possono fare foto ma NON usare il flash il chè ha equivalso praticamente a dire che non si possono fare le foto (almeno per la mia dotazione di fotografo: questa qui sotto è l'unica venuta degnamente…)



Il ritorno: Usciti dall’Acquario siamo andati a recuperare l’automobile, in realtà con almeno 15 minuti di anticipo sulla chiusura del parcheggio. I miei piedi a quel punto non erano soltanto bagnati ma oserei dire del tutto frolli. Altre 3 ore e mezzo di macchina (compresa relativa sosta per la cena) ed eccoci di nuovo a casa.

Qualche considerazione di chiusura: è stata una bella gita? Sì, nonostante la pioggia. Purtroppo ci sono molte cose che non abbiamo avuto occasione di vedere. Sicuramente il Millo (museo dedicato all’Antartide) sarebbe stato interessante, sicuramente la Biosfera (una sfera di una ventina di metri di diametro in cui è replicato un clima tropicale) si sarebbe associata al meglio all’Acquario. Sicuramente avrei voluto passeggiare con più tranquillità per le vie della città e vedere le tre o quattro altre cose che mi ero segnato sulla giuda. Ma Galata è stato molto interessante e l’Acquario è un must, per cui credo che la cosa migliore sarebbe visitare Genova per un week-end e non per un giorno solo, così in qualche modo anche le sei ore di viaggio si ammortizzano. Ancorato tra Galata e l’Acquario c’è anche il galeone spagnolo ricostruito per il film “Pirati” di “Roman Polanski” che si può visitare e per i cinefili potrebbe rivelarsi una vera chicca.

Riassunto dei costi: visto i tempi di crisi, vi faccio un breve resoconto dei costi da noi sostenuti per la gita, così vi fate un’idea.
Modena 30€ di autostrada tra andata e ritorno.
Almeno altri 30€ di benzina.
17€ a testa per entrare all’Acquario (noi abbiamo pagati 8,50 € perché eravamo in un periodo particolare)
2€ a testa per entrare nella Foresta dei Colibrì
10€ a testa per entrare a Galata
18€ per lasciare 9 ore l’auto al parcheggio Darsena
30€ circa per un pranzo spartano al ristorante dentro a Galata
25€ circa per colazione e cena in autogrill

Consigli per abbattere i costi:
Parcheggiare altrove, ammesso che cambi qualcosa.
Non pranzare nel ristorante del Museo del Mare.
Studiare precedentemente se si vogliono visitare altre strutture dell’Acquario Village e fare un biglietto cumulativo specifico.
Fare colazione a casa e tenersi la fame fino alla fine del viaggio di ritorno.

Ciò detto Buon Natale e Buon Anno a tutti.
Noi per queste feste abbiamo in programma una meravigliosa gita a Rovigo.
“A Rovigo?!?!?” già vi sento dire scandalizzati
Sì a Rovigo, sono sempre stato curioso di vedere Rovigo: cos’ha poverina che tutti la scansano?
E comunque non saranno mica cazzi vostri se noi vogliamo andare a visitare Rovigo!
Lo diventeranno solo nell’anno nuovo quando vi delizierò con il Rovigo reportage…

domenica 13 dicembre 2009

Genova – Acquario e Museo del mare (prima parte - l'organizzazione)

Premessa – Sui nostri viaggi in generale: con questo articolo voglio inaugurare una nuova sezione del mio blog, quella dedicata al turismo. Io e Simona non siamo dei grandi viaggiatori, ossia ci piace visitare i luoghi ma siamo anche un po’ pigri, per cui in sostanza non andiamo in giro molto spesso. Col tempo però abbiamo imparato ad organizzare i viaggi nella maniera che più ci si confà, preferendo la qualità alla quantità sia nel numero delle gite sia degli itinerari. Insomma ad esempio se programmiamo una visita ad una città che non conosciamo, meglio acquistare una guida, scegliere prima a tavolino poche cose e dedicare a ciascuna il tempo giusto magari nella prospettiva di tornarci un giorno non troppo lontano piuttosto che farsi prendere dalla fregola rimbalzando da una parte all’altra della città cercando di vedere tutto e con la frustrazione di non riuscirci comunque. E meglio anche scegliere nel limite del possibile luoghi e percorsi caratteristici. Questa estate ad esempio ci hanno molta soddisfazione visite a Bomarzo, Civita di Bagnoregio, Viterbo, alla foresta pietrificata di Dunarobba, quella prima ci siamo dilettati nell’entroterra marchigiano. Insomma, se non c’è molta gente per noi è meglio. Non tutte le visite rispecchiano questi standard naturalmente: dall’Acquario di Genova non puoi aspettarti che sia poco affollato, se ti va di vederlo lo devi prendere com’è. Però ad esempio la prima volta che siamo andati a Roma lo abbiamo fatto in gennaio allungando il week-end con la festa del patrono di Modena. Abbiamo avuto fortuna col tempo ed è stata una scelta azzeccatissima.


Seconda premessa - sul senso di scrivere un blog di viaggio: credo sia legittimo chiedersi quale sia il senso di scrivere su un blog dei propri viaggi. Per quanto mi riguarda sicuramente c’è l’aspetto del piacere che mi fa raccontare la mia esperienza (quello che abbiamo visto), anche dal putno di vista emotivo (che cosa abbiamo ritenuto interessante e che cosa no), ma anche e forse soprattutto dare qualche indicazione a chi legge su come organizzare al meglio la propria visita. Che cosa di quello che noi abbiamo fatto è andato bene e che cosa invece si poteva migliorare.
Ciò detto ciancio alle bande.

Organizzare la gita a Genova: come credo per molti il “primo motore” della nostra scelta di visitare Genova è stato il desiderio di rivedere l’Acquario. Dico “rivedere” perché entrambi (sia io sia Simona) c’eravamo già stati, con altri, una decina di anni fa o giù di lì. Sicchè per prima cosa per acquisire qualche informazione su orari e costi della struttura abbiamo visitato il sito internet dell’Acquario (www.acquariodigenova.it) scoprendo immediatamente una cosa che non sospettavamo ossia che esso ora è al centro di un “mondo” assai più esteso chiamato “Acquario Village” e che comprende oltre all’Acquario stesso, la Foresta dei Colibrì, la Biosfera, il Museo del Mare, la Città dei Bambini e l’ascensore panoramico del Bigo (una struttura modellata sui bracci di carico del porto, progettata da Renzo Piano). Pur incuriositi dalla ricchezza dell’offerta noi abbiamo mantenuto la nostra idea iniziale che prevedeva la visita solo all’Acquario vero e proprio, accompagnata da una passeggiata per la città. Abbiamo perciò registrato i dati che ci interessavano (apertura invernale 9:30/19:30 entrate scaglionate ogni mezz’ora; prezzo 17€ eccezionalmente dimezzato fino all’8 dicembre per festeggiamenti gli Xmila visitatori… che culo! Noi volevamo andare il 7…) e abbiamo cominciato a discettare sull’opportunità di comprare il biglietto on-line. Alla fine abbiamo deciso di sì ed è stata davvero un’ottima idea che consiglio a tutti. L’unica problema (non piccolo per la verità) da noi riscontrato è stato che il sito dell’Acquario si è rivelato lentissimo, ci abbiamo messo più di un’ora ad effettuare l’acquisto. Non so se fosse quel giorno particolarmente sovraccarico o fosse il nostro browser a dare dei problemi, comunque se anche vedete che la procedura è estremamente lenta, armatevi di santa pazienza e portate in porto l’operazione, tutto il tempo perso in quel momento si rivelerà tempo guadagnato per la vostra gita: all’entrata dell’Acquario infatti c’era una coda smisurata che noi abbiamo potuto saltare a piedi pari. Ci sono altre tre cose importanti da sapere se comprate il biglietto via internet, la prima vi sarà chiara comprando il biglietto, ossia che contestualmente dovete scegliere l’orario a cui volete entrare, la seconda è che è vitale che vi stampiate il pdf della prenotazione che vi arriverà via e-mail (ma questo ve lo comunicheranno chiaramente al momento dell’acquisto on-line), la terza è dove andare con questo foglio una volta giunti all’Acquario. Sul pdf è indicato quanto segue: “all’ora prenotata presentati con la conferma di prenotazione presso l’ingresso riservato ad internet che si trova sul lato destro della scala di accesso all’Acquario”. Occhio perché l’indicazione è alquanto fuorviante. L’edificio dell’Acquario si trova un molo e ospita al piano terra una galleria che è di fatto una sorta si piccolo centro commerciale, se vi trovate di fronte alle scale di accesso (che si trova al primo piano) per trovare la biglietteria internet dovete scorrere sul lato sinistro del molo (verso la Biosfera, la tensiostruttura sferica dal diametro di una dozzina di metri che si trova nell'immagine qui sotto), e non è visibile dai piedi delle scale (perché la sua entrata è rivolta non sul fronte dell’edificio ma sul lato). Se vi trovate in difficoltà sul foglio di prenotazione c’è comunque un numero di telefono.

Un’altra cosa che potrebbe essere interessante sapere è che da lì vi faranno entrare tramite un ascensore a percorso già iniziato (diciamo grossomodo alla terza stanza) dopodiché le indicazioni vi faranno arretrare fino a quella iniziale. Quando, arretrando, arrivate al punto in cui fanno le foto potete evitare di arretrare ancora. Noi lo abbiamo fatto sicchè siamo entrati nell’anticamera in cui praticamente non c’è nulla di interessante, dopodiché abbiamo fatto la coda per rientrare facendoci fare la fotografia di rito che loro ti scattano lì e poi stampano e ti venderanno (solo se la vuoi naturalmente) a fine visita dopo diversi minuti di caccia al tesoro: è infatti sepolta in un muro di foto tutte uguali a ha il “modico” prezzo di 10€ (però gratis ti danno anche due cartoline e il calendario sempre con sopra la vostra foto… in ogni caso noi da bravi giapponesi obnubilati dalla bellezza dell’Acquario noi abbiamo deciso ugualmente di acquistarla…).
Un’ultima considerazione sull’orario di entrata all’Acquario. La nostra idea iniziale era di effettuare la visita al mattino, è però anche vero che se provenite un po’ da lontano (da Modena a Genova sono quasi tre ore di macchina, poi metteteci una sosta, un po’ di margine per l’eventuale traffico, il parcheggio, capire che cacchio dovete fare per entrate) o partite davvero molto presto o rischiate di sforare l’orario fissato o acquistate il biglietto verso mezzogiorno, ma siccome la visita dura due ore e passa finirete presumibilmente per pranzare alle tre (il chè è un po’ tardi credo non solo per me ma per tutti). Insomma in conclusione noi abbiamo acquistato il biglietto per le cinque di pomeriggio (l’ultima entrata utile) e abbiamo trovato la scelta molto azzeccata.

martedì 8 dicembre 2009

L’uomo che fissa le capre


Chiacchiere preliminari: non mi capita di andare spesso al cinema ultimamente. L’ultima volta era stato questa estate. In entrambe le circostanze io e Simona abbiamo scelto il film tra quelli che davano a partire dalla voglia di andare al cinema, più che andare al cinema perché c’era un film che volevamo vedere. Devo dire sia l’altra volta (Una notte da leoni) che questa siamo usciti dal cinema soddisfatti.

La trama in breve: Bob Wilton, cronista di un giornale di dubbia reputazione è stato appena lasciato dalla sua fidanzata, perciò decide di partire per l’Iraq alla ricerca di uno scoop che gli faccia riguadagnare un po’ di stima di sé (e magari anche quella della sua ex…). E’ fermo in Kuwait per ragione burocratiche, quando incontra Lyn Cassidy, ex guerriero psichico facente parte del Primo Battaglione Terra addestrato negli anni ottanta nell’esercito degli Stati Uniti per contrastare l’avanzata dei sovietici. Insieme i due entrano in Iraq dove Lyn è stato richiamato a compiere un ultima perniciosissima missione…

Commento: Che dire, mi è proprio piaciuto. E’ un film veramente “scoppiato”, come peraltro i suoi protagonisti. Non tanto Bob (Ewan McGregor), ma sicuramente Lyn (Clooney), Bill Django l’ufficiale incaricato di addestrare il Primo Battaglione Terra (Jeff Bridges) e Larry Hooper (Kevin Spacey) il cadetto “malvagio” del battaglione. Peraltro con un cast così si fa quasi fatica a fare un brutto film. Su tutti per me emerge il personaggio di Jeff Bridges (la mente del progetto Terra) che colpito da una pallottola in Vietnam ha un’illuminazione: sarebbe molto meglio fare la guerra senza che nessuno si faccia male. Partendo da questo assunto riesce a farsi finanziare sei anni di ricerche sul campo alla ricerca di metodi di guerra psichica essenzialmente pacifica. Bill Django passa questi anni girando per il mondo tra comuni post-hippy, trip di acido e studi di spiritualità new-age, e ritorna all’esercito forte di una filosofia eterodossa essenzialmente basata su Guerre Stellari (non per nulla i guerrieri del Primo Battaglione Terra si autodefiniscono Jedi).
Da lì in poi è tutta una discesa. Una volta che questo battaglione è stato creato fermare il cuore di una capra dopo averla fissata per tre ore (e il conseguente passaggio al Lato Oscuro si tutto il progetto), o la mossa nonmiricordocome che si fa toccando il nemico con un dito sulla fronte e dopo che l’ha subita l’altro è destinato a morire (ma non subito, il primo che la subì morì 18 anni dopo…) il passo è breve.
Comunque una cosa ci tengo a precisare, questo non è un film “demenziale”: grottesco, sì, ma niente affatto stupido. Anche poetico per certi versi e certamente “luminoso”, per così dire.
A voi andarlo a vedere per capire a fondo cosa intendo.
E che la Forza sia con Voi.

mercoledì 2 dicembre 2009

Chiude “Il cammino dei sette millenni”


L’avevo profetizzato en-passant in un precedente post ad argomento fumettistico. Non ci voleva molto, perché era Francesco Vivona stesso ad agitare il fantasma di questa ipotesi già nell’editoriale del numero estivo. Poi c’era stato il ritardo nella pubblicazione del numero di settembre, arrivato nelle edicole a metà di ottobre. Brutto segnale: quando una pubblicazione si fa irregolare è solitamente sintomo di gravi difficoltà e spesso è l’anticamera della chiusura. Senza contare che anche quel numero si apriva con un editoriale decisamente pessimista.
Ho atteso che novembre sforasse in dicembre, gettando regolarmente un occhio sugli scaffali delle edicole, prima di andare a vedere nel forum del sito (ahimè fermo anche lui sin da agosto…) e scoprire che Francesco aveva dato notizia della chiusura della serie già nella prima decade di novembre.
Peccato.
Peccato davvero.
Francesco scrive una lunga lettera ai lettori per spiegare le sue ragioni, si scaglia contro vari establishment che sicuramente non lo hanno aiutato e tra le righe, come è logico, si legge la sua grande amarezza per il naufragio (solo temporaneo, ci promette) del progetto.
Confesso che, pur partecipe della sua delusione, non ho apprezzato fino in fondo la lettera di Francesco. L’Italia è quella che è per certi versi e lo sappiamo tutti, io che lavoro all’università anche meglio di molti altri. Probabilmente chi comincia dal nulla in Italia trova una strada più erta che altrove. Probabilmente: anche se non ho mai avuto la controprova. Ma il ritornello: “Nessuno ti aiuta, favoriscono sempre altri.” Mi risulta comunque sempre un po’ indigesto. Specialmente, al di là del legittimo sfogo, credo non debba interessare i lettori. Mi ricorda quel personaggio di “Caterina va in città” che, aspirante scrittore, ripete all’infinito che Italia “se non fai parte di certe conventicole…”. Virzì (il regista) però il suo romanzo non ce lo fa mai vedere, sicché ti resta sempre il dubbio che tutto questo non sia che un autogiustificazione per i propri insuccessi. Il personaggio in sé è anche piuttosto scoppiato, tra l’altro.
Questo non è il caso del “Cammino dei sette millenni”, naturalmente. C7M lo abbiamo visto, e io stesso ne ho parlato in termini lusinghieri come una produzione di buona qualità. E lo confermo a pieno.
Purtroppo, questo è vero, produrre un’opera di buona qualità può non bastare a garanti il successo, ed è anche vero che a volte hanno successo cose di qualità scarsa. Questo non toglie che tra qualità e successo ci sia una correlazione, ma di certo non c’è tra le due cose una relazione stringente. Molti fattori condizionano il successo commerciale, e qui veniamo al caso specifico: che cosa è mancato a C7M?
Non la storia, non la sceneggiatura, i disegni o la produzione: tutte cose davvero di buona qualità. Io credo una cosa, sia mancata più di tutto: la pubblicità. Chi ha avuto occasione di leggerlo lo ha apprezzato, ma molti, moltissimi all’interno del pubblico potenziale non ne hanno avuta occasione, semplicemente perché non sapevano della sua esistenza. In pochissimi gli hanno dato uno spazio: anche su internet, tanto è vero che se andate su google e digitate “cammino dei sette millenni” al termine della seconda pagina già si comincia a parlare d’altro. Per il resto due dei venti riferimenti che trovate in queste pagine sono articoli che ho scritto io: uno su questo blog (che non è che sia molto visitato…) e un altro per Delirio.
Inoltre, parliamoci chiaro il successo di produzioni come questa è anche e soprattutto una corsa contro il tempo. Non avendo alle spalle una casa editrice solida e affermata, con tutti i costi iniziali da sostenere cominci per forza in perdita, poi senza un lancio adeguato l’acquisto del primo numero è lasciato alla curiosità di chi spulcia tutta l’edicola, in seguito siccome tutto il fumetto racconta u unica avventura, agganciarsi a una storia già cominciata è una cosa che non ti invoglia. Sicché impegni un sacco di risorse finanziarie, le vendite crescono poco, le perdite aumentano… e il gruppo di lavoro si sfalda. Purtroppo è quasi matematico, è successa la stessa cosa anni fa al team di 2700 (o così almeno mi ha riferito una persona che parlò con qualcuno di loro…). Quindi se dovessi dare un consiglio a chi si debba lanciare in una simile avventura – non che ne abbia l’esperienza, ma è solo buon senso - io gli direi questo: anche se avete un progetto stupendo dentro la vostra testa, pazientate un po’.
Prima di gettarvi gelidamente sul mercato cercate prima di farvi conoscere un po’. Fate uscire qualcosa su internet, fate vedere in giro il vostro lavoro, fate attività di rete garantendovi di avere agganci per avere, sin dall’uscita del primo numero almeno una decina di recensioni su siti importanti. Poi magari iniziate con degli albi singoli, o al massimo con una miniserie di 4/5 puntate e infine cominciate dalle fumetterie, che a livello di distribuzione sono certamente meno onerose e richiamano per natura un pubblico più attento ad un prodotto che all’inizio sarà per forza di nicchia. La strada per un potenziale successo sarà di certo più lunga, ma avrà qualche possibilità in più di avere una buona riuscita. Soprattutto, probabilmente, questo è un percorso attraverso cui davvero la qualità del prodotto paga.
Detto questo (che non voleva essere una critica ma uno spunto di riflessione), confermo a Francesco Vivona tutto il mio affetto e la mia stima, spero davvero che riesca a riprendere i fili del Cammino, sia perché trovo che il progetto lo meriti, sia perché da lettore mi piacerebbe sapere come va a finire…