domenica 26 dicembre 2010

Patrick Mc Grath - Acqua e Sangue


Tredici racconti horror… o suppergiù.

Di Mc Grath, alcuni anni fa avevo letto e molto amato “Follia” un libro che ebbe, tra l’altro, un notevole successo. Mi ero ripromesso che un giorno avrei approfondito, ma come spesso mi capita sono in seguito stato attratto da altro. Con un certo ritardo eccomi a mantenere la promessa.
Cominciamo con il dire questo: personalmente trovo che il racconto sia un formato adeguato per il genere horror (non per nulla li scrivo pure io…), avere un’idea orrorifica abbastanza buona da tenere desta la mia attenzione per un numero di pagine sufficiente a comporre un romanzo è difficile. Non impossibile, ma relativamente difficile. Inoltre il racconto è il trionfo dell’idea: non c’è tempo di annegare un’idea mediocre parlando d’altro, è necessario costruire un meccanismo ad orologeria che ti conduca dritto al punto. Altra cosa importante, ti puoi permettere di sperimentare. In questo libro, ad esempio, c’è un racconto narrato dal punto di vista di uno stivale. Molto interessante perché dura dieci pagine, un romanzo intero sarebbe agghiacciante.
Fatta questa premessa, veniamo al testo.
Diciamo questo, complessivamente mi è piaciuto “abbastanza”. Come accade spesso in una raccolta ho trovato i racconti diseguali. Pochi quelli memorabili, sebbene alcuni mi abbiano divertito parecchio. In ogni caso la scrittura è quasi sempre di classe e questo fa la sua parte, senza dubbio. C’è però anche da dire che alcuni racconti della raccolta sembrano davvero capitati lì per caso, ad esempio “Victor Bibulus” che di suo non è un brutto racconto ma a parte una tenuissima aura gotica non ha davvero nessuna attinenza col genere orrorifico. Lo stesso dicasi per “Marmilion” che pure è un racconto gradevole ma non ha molta attinenza con l’orrore e ha un finale abbastanza stupido e incomprensibile. Complessivamente i racconti che ho preferito sono quelli più grotteschi e stravaganti: “La mano nera del Raj” (anche se ha dieci righe di finale inutile e posticcio), “La mano di un maniaco”, “Il racconto dello stivale”, “La patata ero(t)ica”.
Alcuni racconti si rimandano tra loro per tematiche e ambientazioni, ad esempio “La malattia del sangue” è una sorta di prequel di “L’esploratore perduto”, tra l’altro conferisce al secondo una plausibilità diversamente abbastanza zoppicante. “Il racconto dello stivale” e “La patata ero(t)ica” sono ambientati nello stesso scenario post-olocauso nucleare. Le tematiche africane ritornano spesso così come quelle psicoanalitiche (ma che questa sia una delle cifre della letteratura di McGrath non dubitavo già dai tempi di Follia) e così una certa – ambigua - tensione erotica di sottofondo.

giovedì 23 dicembre 2010

La bottega dei giocattoli


In una notte di fine estate una ragazza veste l’abito da sposa della madre ed esce in nel giardino della sua grande casa di campagna. La mattina successiva giunge la notizia che i genitori, in viaggio d’affari, sono morti. La ragazza e i suoi fratelli sono costretti a trasferirsi a Londra dal fratello della madre, un giocattolaio maestro nella sua arte ma dispotico e disturbante, che ha sposato un’irlandese muta e si è preso in casa anche i due fratelli minori di lei.

Questo libro mi è piaciuto molto. Fatico a spiegare il motivo: dopotutto ha un inizio piuttosto avulso dal resto della storia, un finale decisamente un po’ troppo sospeso e un paio di inciampi e forzature. Eppure… eppure c’è qualcosa in questo testo che trasuda fascino.
Angela Carter pesca a piene mani dal romanzo gotico, lo aggiorna e lo riscrive con un talento e una raffinatezza lontana anni luce dalla maggior parte dei suoi contemporanei. La sua scrittura è piena di immagini evocative, i suoi personaggi sono umani, carnali e magnifici. Le tensioni erotiche percorrono il libro conferendogli una vitalità insopprimibile, le situazioni sono dense di rimandi psicoanalitici e di molte delle tematiche e delle atmosfere di cui sono intessute anche le mie storie: anzi, la verità è che sono profondamente invidioso… se fossi sufficientemente bravo, io scriverei storie così.

P.s.: da un racconto di Angela Carter è tratto il film “In compagnia dei lupi”, chi di voi lo ha visto ma non ha mai letto nulla della Carter credo si possa fare subito un’idea.

domenica 12 dicembre 2010

Bestiario Stravagante - Un approfondimento

Ieri mi sono d’incanto reso conto di una cosa, che in realtà il mio blog pur contenendo varie info sul mio libro (Bestiario Stravagante, per l’appunto), non contiene praticamente nessuna informazione di approfondimento sul progetto.
Credo che sia venuto il momento di porre rimedio.


Innanzitutto il contenuto.
Bestiario Stravagante è una raccolta di racconti horror.
I racconti sono 13 per 140 pagine circa, insomma sono racconti per brevi, alcuni brevissimi: ce se sono solo tre che superano le 15 pagine, nessuno le 20. Le pagine sono anche piccine, detto per inciso: insomma l’idea nel complesso è quella di letture “fulminee” per così dire.
Due sono i fili che intrecciano tutte le storie: l’attitudine al bizzarro, e la centralità del mostro.
Diciamo subito che in realtà i racconti non sempre vogliono fare davvero paura, molto spesso il senso del grottesco, dell’ironico, dello sberleffo la fanno da padrone. Insomma i miei mostri sono assai spesso più “freak” che “monster”. Spesso, ma non sempre. E comunque tra le due cose naturalmente non c’è una vera soluzione di continuità. Entrambe le declinazioni del mostro (“freak” e “monster” intendo) hanno in comune la stessa siderale distanza dalla “normalità”. Credo che sia questa la vera cifra della definizione di mostro in effetti: la rottura del cerchio della razionalità. Mostro, in fondo è qualsiasi cosa giunga a sparigliare, con la forza della sua evidenza, la tranquillità delle nostre vite centrate e quotidiane. Il “mostro” è spaventoso prima di tutto in quanto alieno, diverso, indecifrabile. Questo per noi normalmente ha un connotato negativo, ma non è detto che ciò sia sempre vero.
Ma intendiamoci, non è nemmeno sempre falso.
Per cui nei miei racconti c’è tutto il campionario delle possiblità: racconti dove il mostro sembra malvagio ma è buono, dove sembra buono ma è malvagio, dove il mostro vero è l’essere umano, dove è qualcosa di assolutamente assurdo (tipo un cassonetto della spazzatura o un amico immaginario). Ci sono racconti in prima persona dalla soggettiva del mostro (o in terza persona relativa ma comunque incentrati sul mostro), racconti che provano a stravolgere gli archetipi del genere (in particolare la figura più barbina ce la fa il vampiro, che mi è sempre stato abbastanza sulle palle…).
E così via.
Se dovessi scegliere una colonna sonora per la raccolta sarebbe Here come the bastard dei Primus.



Infine volevo dire due parole sul progetto dal punto di vista “commerciale”.
In realtà è presto detto: il Bestiario è un libro per tentare di farsi conoscere. Nasce da un accordo con un editore delle mie parti sostanzialmente senza finalità di lucro. Quello che cerchiamo dal punto di vista economico è “l’impatto zero”, ossia non rimetterci. Siccome è un libro per farsi conoscere, ancora più importante del cartaceo è l’e-book che si scarica gratuitamente dal mio sito internet (innerlandscape.altervista.org), con l’editore ci siamo accordati infatti per inserire anziché una licenza di Copyright una licenza d’uso Creative Commons. Insomma in sostanza il mio libro è un “Contenuto libero”, come si suol dire. Scaricatelo, stampatelo, passatevelo: è tutto perfettamente legale. Come descritto nella pagina del download. Qualunque feed è comunque molto gradito, tipo: una recensione sul vostro blog, a voi non costa non costa nulla e per me invece può essere una buona occasione di visibilità.
Se poi avete voglia di acquistare il cartaceo, lo trovate su ibs o sul sito di Damster, nel caso 1€ andrà al Centro Fauna Selvatica il Pettirosso.

sabato 11 dicembre 2010

Lingalad - La locanda del vento


Da qualche giorno Delirio ha pubblicato la mia recensione (corredata di intervista) a "La locanda del vento", l'ultimo lavoro dei Lingalad, gruppo folk bergamasco che seguo con passione ormai da qualche anno.
Vi invito a leggerla seguendo questo link.

mercoledì 8 dicembre 2010

Andreas Eschbach - Miliardi di tappeti di capelli


Un pianeta sperduto, una società immobile che da migliaia di anni ha un solo scopo: tessere tappeti di capelli per il palazzo l’Imperatore che, immortale, risiede da qualche parte nelle profondità dello spazio cosmico.
Questa in poche parole è l’idea del libro di Eschbach. Un’idea molto suggestiva, senza dubbio, intessuta con una tecnica originale ed apprezzabile: nessun protagonista, solo una successione di racconti semindipendenti che a poco a poco dispiegano l’arazzo della storia. Alcuni personaggi ritornano visti dagli occhi di altri e alla fine comunque il quadro si compone, senza buchi e senza passaggi a vuoto. Anzi, per essere precisi con UN passaggio a mio avviso inutile, ma comunque questo non inficia la bellezza complessiva del disegno.
Un libro perfetto, quindi? No, per nulla in verità. Se tutta la prima parte in cui si descrive la società del pianeta l’ho trovata davvero straordinaria, quando si penetra nelle profondità dello spazio entrando nel cuore dell’impero ho cominciato a trovare le spiegazioni un po’ cedevoli, e specialmente la “soluzione del mistero” un po’ deludente.
Altra cosa, la narrazione non mi ha convinto al cento per cento, a fianco di parti molto ben riuscite altre le ho trovate un po’ banalizzate, ma forse dovendo comprimere certi personaggi e certe situazioni all’interno delle dimensioni di un capitolo/racconto non c’era molto spazio per fare di meglio. Forse.
Infine, cosa che ho notato ahimè in più di un libro della Fanucci (una casa editrice che peraltro leggo molto e mi piace molto…), c’è qualche refuso e qualche frase mal chiara. L’impressione che mi ha lasciato, in sostanza, è che il lavoro fatto sul testo originale non sia stato svolto proprio alla perfezione.