martedì 18 ottobre 2011

Hotel


C’è una ragazza che inizia un nuovo lavoro in un hotel, al posto di una scomparsa. C’è un ragazzo che le fa il filo e molti colleghi scostanti. C’è un corridoio buio che non si sa dove finisca. C’è un bosco, la grotta di una strega e una bambola che la rappresenta. C’è un ciondolo che forse è un amuleto.
Ci fosse anche una storia saremmo a posto. E invece…
Ricordo le poche cene inquietanti del trailer di questo film austriaco, passato in sordina per in nostri cinema cinque o sei anni fa. Al tempo non posso dire di “essermelo perso”, ma di certo aveva suscitato la mia curiosità. In questo periodo gira per Rai Movie, spesso ad orari assurdi, mi pare che lo trasmettano di nuovo fra qualche giorno.
Che dire? Un film rarefatto. Pochi dialoghi, nessuna colonna sonora a parte i pochi passaggi di assordante techno nelle scene che si svolgono in qualche locale. Il film dura settantacinque minuti in tutto, ma dopo trenta se siete un po’ stanchi o poco motivati rischiate già che vi cali la palpebra. Io di film poco dinamici, specialmente in campo horror, me ne sono sciroppati la mia parte e se il film è fatto bene la cosa non mi disturba, anzi mi può anche piacere. Anche il fatto che la messa in scena sia scarna in sé non mi disturba, ma il problema è che qui è tutto così ridotto all’osso da rischiare la monodimensionalità dei personaggi e la mancanza di chiarezza. Non solo nelle motivazioni, che ci potrebbe anche stare, ma anche ad esempio della scansione temporale e questo è male.
Ciò detto “Hotel” non è proprio tutto da buttare via, l’impressione è che non mancasse poi così’ tanto per fare un film molto migliore di questo. Bastava arricchire un po’, disseminare le scene di significati che aiutassero lo spettatore a cucirle insieme in una storia vera e propria.

Voto: 5

martedì 11 ottobre 2011

My Dying Bride – For lies I sire

Ho conosciuto i “My Dying Bride” a supporto degli Iron Maiden al palazzetto dello sport di Modena nel lontano 1995. Per loro era il tour di “The angel and the dark river”. Ricordo che questa band in cui suonava un violino mi colpì ma al tempo avevo occhi solo per gli Iron per cui in fin dei conti non ci badai più che tanto.

Un paio di anni dopo acquistai “Like Gods of the Sun”, leggendo una recensione sul Metal Hammer. Onestamente non avevo nemmeno realizzato che fosse la stessa band, il collegamento lo feci solo dopo, quando ascoltai il cd per la prima volta.
Ah… i tempi eroici in cui non c’era youtube e compravi i cd senza averne mai sentito neppure una nota, così - come dire - a cazzo di cane. Che nostalgia!
Comunque “Like gods of the sun” per me è stato un cd importante, che ho ascoltato e riascoltato mille volte. Un romanzo incompiuto che ho scritto a cavallo del ’98/’99 portava il suo nome (“Come dei del sole”), e non parlo di un incompiuto da dieci o venti pagine, ma di un incompiuto da almeno 150 A4. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia, che meriterebbe un post a sé stante (o anche no…).
Eppure, devo però dire, i My Dying Bride non sono mai diventati uno dei miei “gruppi preferiti”, li ho seguiti per qualche anno, recuperando “The angel and the dark river”, (un cd sicuramente valevole, forse anche meglio di “Like Gods of the sun”…), e poi proseguendo con “34,788%...complete” un cd con qualche spunto interessante ma tragicamente privo di violino.

Li avevo poi lasciati nel 1999 dopo “The light at the end of the world”, un cd che ho trovato davvero indigesto. Pezzi interminabili, chitarre ipertaglienti, ritmiche iperpesanti, voce costantemente abbruttita verso il black: anni luce distante dalla dolcezza decadente di “Like gods of the sun”, “The light at the end of the world” decisamente non era il mio cd. Forse stavo anche cominciando ad averne le palle piene di un certo modo di fare musica, gli addetti ai lavori non lo avevano giudicato brutto… chissà!
Ad ogni buon conto, pensavo che il capitolo “My dying bride” nella mia vita fosse chiuso per sempre. Cioè, lo pensavo davvero? Beh, non è che proprio ci pensassi… anzi a dire il vero proprio non ci pensavo proprio più, poi qualche tempo fa ho tirato fuori dalla mia collezione di cd “Like Gods of the sun” e l’ho messo sul piatto. Saranno stati, che so, cinque anni che non lo ascoltavo più… forse dieci che non ascoltavo qualche pezzo con un minimo di attenzione. Non posso dire che mi piaccia ancora come allora, però di certo ha delle qualità. A tanti anni di distanza la cosa che tollero peggio sono queste chitarre così terribilmente ruvide. Però, ho pensato, chissà: magari anche loro in dieci anni hanno pensato che ammorbidire il suono solo un poco non fosse un delitto. Ho deciso di fare una ricerca sui loro cd più recenti ed ecco qui, mi sono procurato la loro penultima fatica: “For lies I sire” del 2009, dieci anni precisi dopo “The light at the end of the world”: una vita (anche due per quanto mi riguarda…). Avevo anche pensato di sfidare “Envinta”, l’opera che hanno dato alle stampe nel 2011, ma l’idea del triplo cd mi ha scoraggiato. Cd triplo uguale potenziale tripla rottura di cazzo, e/o due cd che non andranno mai (e dico MAI) sul piatto.

Bene, a questo punto che dire del cd in sé? Che effettivamente, dal mio punto di vista è stata una scommessa vinta. I My dying bride sono tornati a cantare con voce pulita (almeno nella maggior parte dei casi), hanno messo la voce più in primo piano, nascosto un po’ quel suono di chitarra lacerante che mi disturbava, rimesso in line-up un violino. Inoltre, cosa forse più importante hanno trovato un giusto equilibrio emozionale, se la dolcezza che traluceva a tratti da “Like Gods of the sun” aveva sempre in sé qualcosa di freddo, o al contrario di melodrammatico (a volte paradossalmente anche le due cose allo stesso tempo), quella di “For lies I sire” non ha paura di mostrarsi e al contempo ha il pudore di non eccedere. Al servizio di questo sentimento c’è una musica essenziale ma mai banale, a riprova del fatto che non è necessario eccedere in virtuosismo per scrivere dei bei pezzi o quantomeno va messo al servizio della partitura (cosa un po’ vera in tutte le arti). E in ultima analisi tant’è, che le partiture di questo “For lies I sire” a me sono piaciute, quasi sempre e a tratti anche molto. Di più, certamente nei pezzi dispari che in quelli pari. C’è infatti in tutto il cd questo andamento un po’ a soffietto, pezzo dolce/pezzo ruvido che solo nell’ultimo – il nono - tenta un po’ una sintesi.
Ciò detto “For lies I sire” è anche un disco complesso, da ascoltare e riascoltare più volte, io l’ho sentito solo tre o quattro, al momento, e ho l’impressione che ascoltandoli di più anche di altri pezzi potrò scoprire la bellezza, probabilmente anche tutti, ma al momento “My body, a funeral” e “Echoes of a hollow soul” sono i miei preferiti in assoluto, due gemme gotiche assolutamente da ascoltare.

Voto: 8