mercoledì 31 dicembre 2008

STARDUST

Deve essere destino che io veda tutti i film migliori dell’anno in questo scorcio finale del medesimo. “Migliori dell’anno”, nel senso “che io giudico migliori tra quelli che ho visto quest’anno”. Anche questo film (come “Into the wild”) in realtà è del 2007 e io arrivo a vederlo con tutta calma, quando quasi certamente tutti coloro che erano interessati avevano già provveduto, rendendo questa mia segnalazione abbastanza inutile. Ma tant’è, ora che ho uno spazio tutto mio non posso davvero esimermi dallo spartire quello che mi ha appassionato. Piccola digressione: chissà perché questa concentrazione di film interessanti sul mio finire d’anno? Beh, innanzitutto perché sono in ferie e ho deciso di prendermi il disturbo di andare a noleggiare alcuni dei film che volevo vedere piuttosto che lasciarmi passivamente propinare quelli che i palinsesti della televisione generalista (sono sprovvisto sia di satellite sia di digitale terrestre) avevano deciso di propinarmi. In secondo, ma credo non secondario, luogo essendo in ferie sono anche più rilassato e dunque più recettivo. Ma lasciamo stare, torniamo al film.

La TRAMA in due parole (il chè è difficile perché è decisamente complicata): Al limitare del villaggio di Wall c’è un muro che divide l’Inghilterra dal reame di Stormhold, il cui unico varco è presidiato da un anziano guardiano. Un giovane del villaggio lo attraversa eludendone la sorveglianza e in un mercato del reame fatato conosce una ragazza schiava di una strega. Tornato nel suo mondo nove mesi dopo si vede recapitare un bambino di nome Tristan. Quando Tristan ha diciotto anni è innamorato della bella ma vanesia Victoria. Come prova d’amore le promette di andare a recuperare per lei una stella caduta dall’altro lato del muro. La stella però non è un semplice meteorite ma una ragazza di nome Ivayine.

Mi fermo qui perché se no facciamo notte, ma questi sono solo venti minuti di un film che dura due ore abbondanti senza calare mai di intensità. Ho visto in libreria il libro (di Neil Gaiman) e mi chiedo come sia riuscito a narrare tutta la storia in 200 pagine circa, scritte anche grandi. Altri scrittori (uno a caso: Robert Jordan) ne avrebbero fatto una saga da 10 libri di 700 pagine ciascuna. Comunque a parte questo il film è veramente ben riuscito. All’inizio confesso che covavo un briciolo di diffidenza, temevo un filmetto banale e molto orientato ad un pubblico under 10, ma mi sbagliavo di grosso. A parte l’ambientazione stupenda la storia è sì una fiaba ma molto originale, densa di ironia (e in effetti essendo tratta da Gaiman dovevo aspettarmelo…) e anche con il giusto tocco di malvagità. Da quel che ho letto su imdb.com (acronimo per “internet movie database”, il sito di cinema più bello e completo tra quelli a me noti) al botteghino è stato un flop. Chissà perché!
Io comunque lo consiglio a tutti.

lunedì 29 dicembre 2008

INTO THE WILD

Ho approfittato di queste vacanze natalizie per attivarmi su varie cose che avevo lasciato indietro. Tra esse, ho noleggiato qualche film che avevo lasciato indietro dalle scorse stagioni. Dalle mie parti (ma quasi certamente in tutta Italia) la catena “Blockbuster” ti consente di portare a casa per una settimana 3 film (escluse le ultime uscite) a 5 euro un prezzo che è concorrenziale persino con i distributori automatici. I quali comunque nel mio quartiere, probabilmente affondati dai mille tipi di tv a pagamento, non ci sono più.
I primi tre titoli che ho noleggiato sono stati “Sweeny Todd”, “Tideland” e appunto “Into the wild”, che è poi quello che mi è piaciuto di più ed è per questo che primo tra tutti (e probabilmente risulterà l’unico) mi accingo a parlare.

LA TRAMA in due parole: un ragazzo di buona famiglia, ma con qualche problema di relazione con i genitori, finito il college decide di dare in beneficenza il suo fondo per l’università e poi parte in giro per gli Stati Uniti. Dopo due anni finirà in Alaska a vivere solo all’interno di un bus abbandonato, chissà come e perché, in mezzo alla vegetazione.

Non ho visto molti film in questo 2008, non molti almeno, in proporzione a quanti ne vedevo in anni passati.
La verità è che con l’andare del tempo sono diventato di gusti sempre più difficili e trovare un film che susciti veramente il mio entusiasmo è cosa rara.
Anzi diciamo pure che tutto sommato INTO THE WILD in tutto il 2008 probabilmente è stato l’unico.
Perché? Mah… difficile a dirsi. Perché è un film estremo, come le scelte del suo protagonista. Perché è un film poetico, certamente. Perché tocca un tema che mi sta a cuore: non posso fare a meno di pensare che la scelta del protagonista, è quella che potrei fare io il giorno in cui sbroccassi definitivamente.
Ma non credo che tutto questo basti a spiegarne la bellezza. La verità è che questo film come pochi altri è intensamente, profondamente, vitale. Nonostante a volte le parole del protagonista abbiano un certo sapore di retorica, nonostante per certi versi il film sia la cronaca di un fallimento ideale, non ho potuto fare a meno di essere conquistato dal tentativo eroico (ma nonostante tutto non nichilista, o almeno io l’ho percepito come tale solo in apparenza) di afferrare la vita. Mi ha ricordato per certi versi “Una storia vera” quel film di David Lynch dove Richard Fansworth parte a bordo del suo tosaerba e attraversa gli Stati Uniti ai trenta all’ora, per andare a trovare il fratello malato con cui aveva litigato trent’anni prima e da allora non ha più visto. C’è la stessa dittatura degli affetti nei due film, la stessa esigenza imprescindibile: certo in Into the wild, il risultato è cambiato di segno (e ci mancherebbe altro visto che tra i due protagonisti ci sono cinquant’anni di differenza) ma il sentimento è molto simile.