Due chiacchiere preliminari: E’ stata un’estate piuttosto magra per la mia passione fumettistica. Prima dell’estate leggevo cinque testate:
Rourke: che ho anche recensito su questo blog
Lilith: che esce semestralmente per cui non è davvero di poco impegno
Cornelio: che ho deciso di lasciare da parte, (anche se non è detto che io ci ripensi…)
Trigger: che hanno chiuso al numero 4 su 6 complessivi peraltro senza dire niente a nessuno, una mossa che ho trovato davvero poco corretta
Il cammino dei sette millenni: che sul numero di luglio/agosto lasciava intendere difficoltà economiche (sigh!) e che tutt’oggi pur non essendo stato soppresso vive ancora in uno stato sospensivo. Le ultime notizie lo davano il uscita il 12 ottobre, con un mese di ritardo, ma sabato nell’edicola da cui mi rifornisco ancora non si era visto.
Sicché quando mi sono trovato davanti a Greystrom mi ci sono buttato sopra a pesce.
La trama in breve: Fine ‘800, in un college si sviluppa l’amicizia tra i due rampolli di due nobili famiglie inglesi: Jason Howard, campione di canottaggio e posato figlio di un proprietario terriero è invaghito di Elisabeth, figlia di un contadino della zona; Robert Greystorm, egocentrico e geniale sogna di inventare una macchina volante e pilotarla verso l’ultima frontiera dei territori inesplorati, l’Antartide. Dando fondo alle risorse di famiglia, e poi con l’aiuto economico di Jason, Robert inizia i suoi esperimenti ma il giorno della gara di canottaggio qualcosa va storto. Tre anni dopo, i due ragazzi si rincontrano. Robert ha progettato una nuova macchina mentre il fato ha privato Jason degli affetti per cui ora si sente pronto ad onorare la promessa fatta all’amico ai tempi del college: imbarcarsi nella loro grande avventura.
Commento: questo più che un numero 1 sembra a tutti gli effetti un numero 0, un prologo. Mentre lo leggevo mi pareva per certi versi di rivedere Piramide di Paura, quel film il cui Sherlock Holmes e Watson si incontrano al collage molti anni prima della loro vita da detective. Anche lì c’erano il ragazzo posato e quello geniale, la macchina volante ispirata a Leonardo da Vinci, una ragazza povera (mi pare che si chiamasse persino Elisabeth…) e l’atmosfera di preludio. Personalmente l’idea di far partire questa nuova miniserie (a quanto ho capito 12 numeri) da lontano mi è piaciuta e questa sensazione di rivedere Piramide di Paura, probabilmente l’inanellarsi di casualità, è stata tutt’altro che spiacevole. In ogni caso la storia è completamente diversa. Ad iniziare dai personaggi, l’egocentrismo di Sherlock in Piramide di Paura era una piega un po’ troppo personalistica di un animo comunque nobile, quello di Robert Greystorm ha un livello di ambiguità assai maggiore. Una cosa gli autori ci hanno tenuto a chiarire bene fin da subito (in qualche passaggio calcando a mio avviso sin troppo la mano): non dobbiamo aspettarci in alcun modo che Greystorm sia un personaggio positivo.
Restando nel territorio dei personaggi una cosa non ho potuto fare a meno di notare che l’amicizia tra i due protagonisti ricalca per certi versi lo stesso clichè di quella tra Ugo Pastore e Vittorio De Cesari in Volto Nascosto, un’altra miniserie Bonelliana che ho trovato assai apprezzabile.
Ambientazione e storia d’altronde mi hanno immediatamente catturato, l’ansia del futuro dei sogni di Robert Greystorm in particolare è decisamente contagiosa. Sebbene il suo futuro sia per certi versi già il nostro passato, ci rimbalza in una sorta di strana ucronia: un futuro immaginario fatto di macchine, metallo, luoghi ed azioni, stranamente vitale e fisico in questi tempi così “immateriali” (qualcuno ha detto “Matrix”? L’ho sognato?).
Rourke: che ho anche recensito su questo blog
Lilith: che esce semestralmente per cui non è davvero di poco impegno
Cornelio: che ho deciso di lasciare da parte, (anche se non è detto che io ci ripensi…)
Trigger: che hanno chiuso al numero 4 su 6 complessivi peraltro senza dire niente a nessuno, una mossa che ho trovato davvero poco corretta
Il cammino dei sette millenni: che sul numero di luglio/agosto lasciava intendere difficoltà economiche (sigh!) e che tutt’oggi pur non essendo stato soppresso vive ancora in uno stato sospensivo. Le ultime notizie lo davano il uscita il 12 ottobre, con un mese di ritardo, ma sabato nell’edicola da cui mi rifornisco ancora non si era visto.
Sicché quando mi sono trovato davanti a Greystrom mi ci sono buttato sopra a pesce.
La trama in breve: Fine ‘800, in un college si sviluppa l’amicizia tra i due rampolli di due nobili famiglie inglesi: Jason Howard, campione di canottaggio e posato figlio di un proprietario terriero è invaghito di Elisabeth, figlia di un contadino della zona; Robert Greystorm, egocentrico e geniale sogna di inventare una macchina volante e pilotarla verso l’ultima frontiera dei territori inesplorati, l’Antartide. Dando fondo alle risorse di famiglia, e poi con l’aiuto economico di Jason, Robert inizia i suoi esperimenti ma il giorno della gara di canottaggio qualcosa va storto. Tre anni dopo, i due ragazzi si rincontrano. Robert ha progettato una nuova macchina mentre il fato ha privato Jason degli affetti per cui ora si sente pronto ad onorare la promessa fatta all’amico ai tempi del college: imbarcarsi nella loro grande avventura.
Commento: questo più che un numero 1 sembra a tutti gli effetti un numero 0, un prologo. Mentre lo leggevo mi pareva per certi versi di rivedere Piramide di Paura, quel film il cui Sherlock Holmes e Watson si incontrano al collage molti anni prima della loro vita da detective. Anche lì c’erano il ragazzo posato e quello geniale, la macchina volante ispirata a Leonardo da Vinci, una ragazza povera (mi pare che si chiamasse persino Elisabeth…) e l’atmosfera di preludio. Personalmente l’idea di far partire questa nuova miniserie (a quanto ho capito 12 numeri) da lontano mi è piaciuta e questa sensazione di rivedere Piramide di Paura, probabilmente l’inanellarsi di casualità, è stata tutt’altro che spiacevole. In ogni caso la storia è completamente diversa. Ad iniziare dai personaggi, l’egocentrismo di Sherlock in Piramide di Paura era una piega un po’ troppo personalistica di un animo comunque nobile, quello di Robert Greystorm ha un livello di ambiguità assai maggiore. Una cosa gli autori ci hanno tenuto a chiarire bene fin da subito (in qualche passaggio calcando a mio avviso sin troppo la mano): non dobbiamo aspettarci in alcun modo che Greystorm sia un personaggio positivo.
Restando nel territorio dei personaggi una cosa non ho potuto fare a meno di notare che l’amicizia tra i due protagonisti ricalca per certi versi lo stesso clichè di quella tra Ugo Pastore e Vittorio De Cesari in Volto Nascosto, un’altra miniserie Bonelliana che ho trovato assai apprezzabile.
Ambientazione e storia d’altronde mi hanno immediatamente catturato, l’ansia del futuro dei sogni di Robert Greystorm in particolare è decisamente contagiosa. Sebbene il suo futuro sia per certi versi già il nostro passato, ci rimbalza in una sorta di strana ucronia: un futuro immaginario fatto di macchine, metallo, luoghi ed azioni, stranamente vitale e fisico in questi tempi così “immateriali” (qualcuno ha detto “Matrix”? L’ho sognato?).
Nessun commento:
Posta un commento