mercoledì 21 marzo 2012

Visioni di Febbraio

Siamo quasi ad aprile per cui se tutto va bene a stretto giro di posta arrivarenno anche quelle di marzo, se riesco a mettere fuori la testa dal popo' di cose che mi stanno stritolando (piacevolmente eh!) l'esistenza.

Questa storia qua

Per i sessant’anni di Vasco, La7 ha trasmesso un documentario sulla sua vita uscito nelle sale appena l’anno scorso. Personalmente non sono un amante di Vasco, anzi in realtà l’amore travolgente che i suoi fan gli tributano in maniera quasi religiosa mi hanno sempre fatto un po’ “tirare indietro il culo”, come si suole dire. Negli ultimi anni però mi sono un po’ ammorbidito e ho cominciato ad apprezzare anch’io la bravura di quello che è forse il più famoso dei miei conterranei. Questo documentario è sicuramente un’opera intima e sentita, le sue canzoni ci sono ma senza essere invadenti, i suoi concerti pure. Si parla più dei primi anni, si fa parlare più i suoi amici, si preferiscono le immagini di Zocca: un paesino come tanti sui colli dell’Appennino modenese in cui io sono stato decine di volte e potrei quasi riprodurre cartograficamente. Anzi oserei dire che Zocca sia la coprotagonista del documentario. Zocca che qui viene rappresentata un po’ il paradigma di Vasco: un outsider che ha sfondato col suo talento e che, come dice uno dei suoi amici ha sempre rifiutato l’idea sia di essere conformista che di essere anticonformista. Lui lo ha definito “non conformista” e per quel poco che ne so trovo la definizione azzeccata. Laterale, come lo è il montanaro alle beghe della città e del mondo. O forse solo come me lo immagino io.

Voto: 7


Valhalla Rising

Che dire…non mi facevo sì grasse risate dai tempi de “L’arciere di ghiaccio”!
Ora, credo che la prima cosa da sapere di questo film sia questa: il suo protagonista è un guerriero muto, ma nemmeno i suoi compagni d’avventura sono dei grandi oratori. E le poche parole sono pure piuttosto oscure. La velocità (a parte poche esplosioni di violenza) della storia è pressoché nulla. Se pensavate, per restare sullo scandinavo, “Lasciami entrare” fosse un film lento, questo al confronto va all’indietro.
Fatta questa premessa, perché questo aspetto del film è pressoché totalizzante e dovete esserne bene avvertiti, ora vi dirò però anche che Valhalla Rising è un film interessante. Definirlo “bello” sarebbe troppo, ma interessante di sicuro, vi basti pensare che la mattina dopo io e Simona ne abbiamo riparlato e questo non accade così spesso. Il film comincia con alcune parole in sovrimpressione che ci informano di come nell’epoca in cui ci troviamo (il medioevo delle crociate), il cristianesimo avesse spinto i pagani nelle regioni più inospitali del nord Europa. Il film è diviso in 6 capitoli (Ira, Il guerriero silenzioso, Gli uomini di Dio, La Terra Santa, Inferno, Il sacrificio) ed è la storia di un guerriero senza nome - battezzato One-eye dal ragazzo che viaggia con lui – che liberatosi dalla prigionia in cui è tenuto da una tribù dell’estremo nord della Scandinavia, si imbarca, insieme al ragazzo che lo segue e a un gruppo di cristiani convertiti in un viaggio verso Gerusalemme. Una terra santa che è per loro specialmente una terra promessa. Dopo settimane passate nella nebbia su una piccola imbarcazione (molto simile al viaggio di “Erik il vichingo” nell’eterna nebbia in cui Fenrir il Lupo tiene il mondo) la scalcagnata compagnia giunge in una baia dove vive un popolo primitivo. Ma forse sono già tutti morti.
Valhalla Rising è il “2001 odissea nello spazio” del paganesimo. La sua carne scivola nel metafisico quasi senza soluzione di continuità a testimonianza di come il “sacro” sia più vicino alla corporeità e alla percezione che all’astrazione “filosofica” o “teologica”. Ci sono alcune idee suggestive in questo film, quella che io ho preferito è la “ricerca del mare”. Quando la comitiva viaggia, in teoria verso la Terra Santa, si accorge ad un certo punto di trovarsi ancora nell’acqua dolce, in pratica di non avere mai lasciato le acque interne. Solo alla fine e solo il ragazzo, che non ha rimpianti o legami col passato riuscirà a trovare il mare e prendere il largo verso un futuro diverso: il futuro di una cultura e di un mondo che sta scomparendo e che per sopravvivere ha necessità di cambiare, scendendo a patti con il suo passato e trovando una nuova sintesi nel presente per proiettarsi verso un futuro diverso. Come, peraltro, tutte.

Voto: 6+


A serbian film

Siccome tra le altre cose io sono anche un collezionista di film estremi, avevo trovato questo segnalato nella categoria e ho sentito di non potermi sottrarre.
Attore porno ritiratosi dalle scene viene ingaggiato da un regista psicopatico per girare un film senza conoscerne la trama (sì, nonostante sia un porno, si porrebbe l’obiettivo di avere una sorta di trama…), ma è una trappola per drogarlo e fargli inconsapevolmente girare uno snuff. Alla fine ci andrà di mezzo anche la sua famiglia.
Diciamo la verità, “A serbian film” è veramente un film sgradevole, a tratti disgustoso. Siamo delle parti di Hostel, ma con una differenza importante. In “Hostel” affiora qua e là un grottesco salvifico e anche nella più bassa macelleria si avverte una sorta di pudore. Qui pure il grottesco c’è, ma non è affatto salvifico e la macelleria è senza pudori. Cioè, intendiamoci, molto avviene fuori scena (o sul suo "bordo"), ma basta il suggerimento per farti attorcigliare le budella.
Il regista ha dichiarato che si tratta di un film "di denuncia"... bah, sarà!
A me il tutto è parso decisamente gratuito e costruito ad arte per farti accaponare la pelle, missione nella quale peraltro riesce alla perfezione. Cinematograficamente parlando “A serbian film” non è brutto, però è davvero troppo sgradevole persino per il mio, invero non deilcatissimo, stomaco.

Voto: 5

Nessun commento:

Posta un commento