Dicevo, giusto il post scorso: “tanto al cinema ci vado meno di dieci volte l’anno, non sarà oneroso scrivere una recensione estesa a film”. Detto fatto, secondo film in meno di una settimana… una rarità comunque. Vedrete che passerò mesi senza scrivere nulla al riguardo. Poco male, visto che sono bloccato a casa dalla neve e dall’influenza, un po’ tempo per scrivere ce l’ho.
TRAMA: difficile ricostruire in la trama di ACAB, tutto comincia con Favino (per gli amici Cobra) in motoretta nella notte sulle strade di una Roma deserta che canta “celerino figlio di puttana” (lui stesso è un celerino, badate) e viene investito da un’auto. Si rialza, va verso il suo investitore il quale scappa, probabilmente la macchina è rubata. Cobra benché ferito lo insegue e lo riempie di botte. Adriano è appena entrato in servizio, Cobra, Mazinga (Marco Giallini), e Negro (Filippo Nigro), lo fanno entrare nel clan chiudendolo nel loro furgone con un lacrimogeno, finché lui semiasfissiato non si libera rompendo il parabrezza. Mazinga si prende una coltellata durante la guerriglia urbana con vari gruppi di ultras e rimane zoppo, suo figlio intanto scappa di casa e va a vivere in un centro sociale di destra. Negro si sta separando dalla moglie cubana, lei non gli fa vedere la figlia, lui la picchia. Cobra è a processo per aver rotto i denti a un ultras. Sullo sfondo, la storia. La morte di Raciti, quella di Sandri, quella della Reggiani, in lontananza il G8 di Genova.
COMMENTO: ACAB è un acronimo per “All Cops Are Bastard” era un adagio degli skinheads anni ’70 e Corba veste quest’affermazione (nella sua versione italiana da stadio) come una corazza tanto che la canta più volte. I celerini di Sollima sono gente dura e la violenza è la cifra di questo film, tutto “a destra”. Sarà vero che “tutti celerini sono fasci”? Io non ho modo di verificare, Carlo Bonini, giornalista di Repubblica che ha fatto un’inchiesta e ci ha scritto il libro omonimo, sostiene di sì (sono loro stessi ad affermarlo, a quanto ho capito…).
In ogni caso il film parte da questo assunto. Cobra ha una croce celtica tatuata sulla schiena, in casa varie riproduzioni con il Duce e consimili. Tutti gli altri se anche non lo palesano con la stessa forza, la pensano come lui. Sono arrabbiati, incattiviti, si sentono traditi dallo Stato che hanno giurato di servire perché in questo vedevano un modo di portare l’ordine necessario a un’Italia migliore. Lo spirito di corpo, il senso di fratellanza, è la loro forza più grande. “Un fratello è un fratello sempre, anche quando non è più un celerino, anche quando sbaglia” dice (suppergiù) Cobra per educare Adriano. Adriano che è giovane, che ci sente tradito anche dalla sua parte politica che è troppo molle per far sgombrare i clandestini dalla casa popolare che spetterebbe a sua madre, che è entrato nella celere perché “fare la guardia è un lavoro onesto”, che non riesce ad accettare gli eccessi dei suoi compagni rotti ormai ad ogni esperienza. E in effetti l’altra cifra di questo film (oltre la violenza) è la confusione. Il gruppo è tutto, perché fuori dal gruppo è un “tutti contro tutti” in cui è impossibile sopravvivere, un inferno di violenza quotidiana ripiegato su sé stesso in un autismo senza speranza. E alla fine questi “poliziotti bastardi” un po’ li capisci pure, se anche di certo non sono simpatici e le cose che fanno di certo non le puoi accettare.
Comunque in buona sostanza, a me questo film è piaciuto moltissimo. Innanzitutto è uno spaccato coraggioso del mondo della destra romana (la destra di base, non quella dei palazzi) cinematograficamente poco e mal rappresentato (al riguardo mi viene in mente solo “Come Dio comanda” di Salvatores). Poi è molto interessante la dinamica dei gruppi sociali (e d’altronde il binomio “noi-loro” è una delle tematiche culturali più radicate della destra), nonché il fatto stesso che paradossalmente con tutti i film gialli, polizieschi, poliziotteschi e d’azione che si vedono in giro, questo è un rarissimo caso di film che parla proprio della polizia. Attori ottimi, regia splendida, drammatizzazione perfetta. Da vedere.
Voto 8.5
TRAMA: difficile ricostruire in la trama di ACAB, tutto comincia con Favino (per gli amici Cobra) in motoretta nella notte sulle strade di una Roma deserta che canta “celerino figlio di puttana” (lui stesso è un celerino, badate) e viene investito da un’auto. Si rialza, va verso il suo investitore il quale scappa, probabilmente la macchina è rubata. Cobra benché ferito lo insegue e lo riempie di botte. Adriano è appena entrato in servizio, Cobra, Mazinga (Marco Giallini), e Negro (Filippo Nigro), lo fanno entrare nel clan chiudendolo nel loro furgone con un lacrimogeno, finché lui semiasfissiato non si libera rompendo il parabrezza. Mazinga si prende una coltellata durante la guerriglia urbana con vari gruppi di ultras e rimane zoppo, suo figlio intanto scappa di casa e va a vivere in un centro sociale di destra. Negro si sta separando dalla moglie cubana, lei non gli fa vedere la figlia, lui la picchia. Cobra è a processo per aver rotto i denti a un ultras. Sullo sfondo, la storia. La morte di Raciti, quella di Sandri, quella della Reggiani, in lontananza il G8 di Genova.
COMMENTO: ACAB è un acronimo per “All Cops Are Bastard” era un adagio degli skinheads anni ’70 e Corba veste quest’affermazione (nella sua versione italiana da stadio) come una corazza tanto che la canta più volte. I celerini di Sollima sono gente dura e la violenza è la cifra di questo film, tutto “a destra”. Sarà vero che “tutti celerini sono fasci”? Io non ho modo di verificare, Carlo Bonini, giornalista di Repubblica che ha fatto un’inchiesta e ci ha scritto il libro omonimo, sostiene di sì (sono loro stessi ad affermarlo, a quanto ho capito…).
In ogni caso il film parte da questo assunto. Cobra ha una croce celtica tatuata sulla schiena, in casa varie riproduzioni con il Duce e consimili. Tutti gli altri se anche non lo palesano con la stessa forza, la pensano come lui. Sono arrabbiati, incattiviti, si sentono traditi dallo Stato che hanno giurato di servire perché in questo vedevano un modo di portare l’ordine necessario a un’Italia migliore. Lo spirito di corpo, il senso di fratellanza, è la loro forza più grande. “Un fratello è un fratello sempre, anche quando non è più un celerino, anche quando sbaglia” dice (suppergiù) Cobra per educare Adriano. Adriano che è giovane, che ci sente tradito anche dalla sua parte politica che è troppo molle per far sgombrare i clandestini dalla casa popolare che spetterebbe a sua madre, che è entrato nella celere perché “fare la guardia è un lavoro onesto”, che non riesce ad accettare gli eccessi dei suoi compagni rotti ormai ad ogni esperienza. E in effetti l’altra cifra di questo film (oltre la violenza) è la confusione. Il gruppo è tutto, perché fuori dal gruppo è un “tutti contro tutti” in cui è impossibile sopravvivere, un inferno di violenza quotidiana ripiegato su sé stesso in un autismo senza speranza. E alla fine questi “poliziotti bastardi” un po’ li capisci pure, se anche di certo non sono simpatici e le cose che fanno di certo non le puoi accettare.
Comunque in buona sostanza, a me questo film è piaciuto moltissimo. Innanzitutto è uno spaccato coraggioso del mondo della destra romana (la destra di base, non quella dei palazzi) cinematograficamente poco e mal rappresentato (al riguardo mi viene in mente solo “Come Dio comanda” di Salvatores). Poi è molto interessante la dinamica dei gruppi sociali (e d’altronde il binomio “noi-loro” è una delle tematiche culturali più radicate della destra), nonché il fatto stesso che paradossalmente con tutti i film gialli, polizieschi, poliziotteschi e d’azione che si vedono in giro, questo è un rarissimo caso di film che parla proprio della polizia. Attori ottimi, regia splendida, drammatizzazione perfetta. Da vedere.
Voto 8.5
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