Mia madre ha regalato questo libro a Simona (la mia compagna) nel Natale del 2007. Come accade dalle mie parti a Natale arrivano sempre più libri di quelli che si riescano a leggere, e questo era stato uno di quelli che avevamo entrambi momentaneamente accantonato. L’ho scelto sotto le feste perché mi andava di leggere qualcosa di fuori dal mio abituale seminato. E’ stata una bella sorpresa.
La TRAMA in due parole: il libro racconta trent’anni della vita di una donna (la narratrice, nonché credo di potermi sbilanciare a dire “l’autrice”, visto che la sensazione che il romanzo sia autobiografico è molto forte) dagli anni del college fino, grossomodo, alla fine degli anni novanta. Gli anni della contestazione: gli hippy, la politica. I guai familiari: in particolare un rapporto turbolento con la madre e una delle sorelle fuggita di casa a quattordici anni. E poi gli anni successivi: il lavoro in una “rivista femminile”, due matrimoni, i problemi della sorella perduta e ritrovata. Ma in particolare la vicenda è centrata sull’amicizia tra la narratrice ed Ann, una ragazza molto particolare (l’ultima della sua specie, appunto) conosciuta al college.
Come accennavo prima questo libro mi è piaciuto molto (infatti su anobii gli ho dato quattro stelle). I motivi sono vari. Innanzitutto il tema con cui inizia il libro: il sessantotto e gli anni successivi sono un periodo che su di me hanno un certo fascino, probabilmente perché me li sono sentiti raccontare (e forse anche mitizzare) a lungo dai miei genitori. Di quegli anni, l’autrice da una lettura abbastanza disincantata: in due parole anni pieni di fermento, ma anche di brutture. E’ interessante specialmente la sua visione laterale della cosa, infatti la protagonista vive la politica di rimbalzo, principalmente attraverso la passione dell’amica Ann.
Un secondo motivo per cui mi il libro è piaciuto (forse il principale) è lo stile narrativo. Semplice e lineare ma con una commistione molto azzeccata di durezza e pudore, specialmente nel raccontare dei sentimenti. Tra le altre cose si parla anche, ad esempio, di follia e vita in carcere e l’autrice non ha paura di sbattercene davanti agli occhi la crudezza, senza però esagerare mai nella drammatizzazione. Per fare un altro esempio quando parla del “grande amore della sua vita” decide di scrivere in terza persona.
Un’ultima nota per chi si volesse avvicinare al libro, cosa che per me nel caso specifico è stato un valore aggiunto ma la cosa non è scontata: si tratta di un libro molto incentrato su figure femminili. Gli uomini hanno quasi sempre ruoli marginali e spesso dimostrano molti più difetti che qualità. Una frase che secondo me è emblematica del tono usato nei confronti del genere maschile è nella descrizione di uno dei numerosi uomini con cui la narratrice ha una relazione e suona grossomodo così: “Sì, Tal Dei Tali come persona non era malaccio, comunque non peggiore della media.”
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